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Vista dal Mandrone (anno 2001)
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Il ghiacciaio che porta al Pian di Neve (anno 2001)
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Dal rifugio Ai Caduti dell'Adamello alle Lobbie (anno 2001)
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Iscrizione in Cresta Croce
Trentino

I ghiacciai dell'Adamello

Una salita in due tappe, dal fondovalle della val di Genova, una laterale della val Rendena, fino alla vetta della Cresta Croce. Un viaggio tra infiniti ambiente verso ghiacciai che un tempo si ritenevano perenni e che invece, oggi, sono a grave rischio di estinzione.
Foto e dettagli si riferiscono a quanto riscontrato nell'agosto del 2001: ogni anno la situazione può cambiare radicalmente. Per avere un'idea, basti pensare che all'epoca della costruzione il rifugio poggiava sul ghiacciaio, oggi più basso di un centinaio di metri. 

PRIMA TAPPA
La prima tappa è la più impegnativa a livello altimetrico e conduce dai 1640 mslm del Rifugio Bedole ai 3020 mslm del Rifugio ai Caduti dell'Adamello, più noto come "alla Lobbia Alta".
Il rifugio Adamello Collini al Bedole è raggiungibile in auto: dista 19 km da Pinzolo, interamente asfaltati salvo gli ultimi settecento metri (verificare la viabilità e le prescrizioni del Parco Naturale Adamello Brenta).
Punto intermedio è il Rifugio Città di Trento "al Mandrone", a 2459 mslm.
L'escursione inizia subito con severità: il sentiero che porta dal Bedole al Mandrone è subito ripido e nel bosco si inerpica con frequenti tornanti sino alla "sosta di mezza via". Lungo il percorso si cammina anche nei pressi di una gradevole cascatella.
Solo giunti alla "sosta" il sentiero esce dal bosco e prosegue tra prati di alta quota, con panorami sempre più vasti sulle Lobbie, i ghiacciai del Mandron e della Lobbia ed il gruppo della Presanella. Questo secondo tratto è anche caratterizzato da pendenze meno severe.
L'escursionista esperto ed allenato conclude l'itinerario che porta al Rifugio Mandrone in 1h45'-2h10'.
Nei pressi del Rifugio Mandrone si trova un interessante "centro glaciologico" intitolato a Julius Payer, ufficiale austriaco che nel secolo scorso si dedicò alla conquista alpinistica ed all'esplorazione di questi luoghi.
Vicino al rifugio si trova una chiesetta, costruita con il granito del posto, che reca lapidi a ricordo dei caduti della montagna e della Grande Guerra. E' ricordato anche lo storico incontro in vetta all'Adamello che unì alpinisti trentini e bresciani: una vera manifestazione di italianità, oltre quarant'anni prima della fine della Prima Guerra Mondiale (20 agosto 1875).
Dal rifugio si prosegue per oltre un'ora (prima in piano, poi in salita tra le rocce) verso il ghiacciaio del Mandrone il cui attacco è in progressivo ritiro per effetto del riscaldamento climatico che affligge la Terra. Il tratto che arriva al ghiacciaio, quindi, ha una durata ogni anno più lunga.
Poco oltre il Rifugio Mandrone si incontrano numerosi laghetti, "pozze glaciali" con acque molto trasparenti, cinte da abbondanti fioriture di erioforo.
Ai piedi della fronte del ghiacciaio si trova il Lago Nuovo, così chiamato perché sino a cinquanta anni fa il ghiacciaio scendeva a quota notevolmente inferiore e di conseguenza il lago non esisteva: il ritiro ha permesso la formazione di questo nuovo specchio d'acqua, alimentato direttamente dalle acque di fusione e fonte di una fragorosa cascata.
Il ghiacciaio è un luogo ricco di fascino ma anche di insidie e pericoli, per questo è bene affidarsi, qualora non si abbia confidenza con questo nuovo ambiente, ad una Guida Alpina e legarsi "in cordata".
La Guida Alpina conosce infatti la via per attraversare i ghiacci, ha esperienza nell'individuare eventuali tratti a rischio di crepaccio, può intuire l'evolversi della situazione meteorologica ed inoltre valuta con competenza come e  quando è il caso di montare i "ramponi".
Legarsi in cordata è invece importante per evitare che eventuali scivolamenti o, in casi peggiori, cadute in crepacci si rivelino problematiche.
La traversata sino alla Lobbia si conclude in poco più di un'ora, su pendenze poco sensibili e talora si cammina su un fondo innevato: il ghiacciaio e le sue insidie restano sotto la coltre bianca, nascoste e più pericolose.
Il panorama è grandioso: il bianco diventa colore dominante e l'escursionista è dominato dalle Lobbie, dal Corno Bianco e dalle altre cime che racchiudono l'estremità settentrionale di questo ghiacciaio.
Dopo millequattrocento metri di dislivello (di cui meno di trecento circa su ghiaccio) si giunge al Rifugio ai Caduti dell'Adamello, nei pressi del Passo della Lobbia ed ai piedi della Lobbia Alta. Dal rifugio, costruito sulla rovine di un avamposto italiano della Grande Guerra, si ammirano il ghiacciaio di Lares e le cime del Crozzon di Lares e del Corno di Cavento, teatri, come la stessa zona del rifugio, di violenti e sanguinosi scontri durante la Grande Guerra.

SECONDA TAPPA
Dal rifugio sono possibili vari obiettivi e traversate: interessante per il valore storico è la traversata al rifugio Carè Alto lungo le linee di fronte della Prima Guerra Mondiale; prestigiosa l'ascesa alla cima dell'Adamello. Interessanti mete si trovano sulla Cresta Croce: su Punta Papa Giovanni Paolo II si trova la croce apposta dal Papa mentre in altra sede si trova un cannone, trasportato a fatica dai soldati italiani, partiti dalla val Camonica.
Come sempre in montagna, il tempo è la variabile discriminante: temperatura, situazione meteorologica e tendenze previste non possono essere ignorate.
Il gruppo di cui la nostra redazione ha fatto parte, infatti, si era posto come meta la cima Adamello (3554 mslm) ma la mattina è stato necessario selezionare una meta più vicina, il "cannone" di Cresta Croce (3276 mslm): il tempo incerto, la possibilità di temporali già intorno a mezzogiorno e la neve "molle" (a causa della "alta" temperatura minima della notte - 4 gradi) che avrebbe rallentato eccessivamente il passo non hanno lasciato alternative.
La camminata per il "cannone" alterna attraversamenti di nevai a brevi tratti tra le rocce e si compie in un'ora e mezza. Un solo punto pone problemi: un tratto di arrampicata, poco oltre il rifugio, reso necessario dal ritirarsi dei ghiacci. Pochi anni prima del 2001 (epoca dell'escursione), infatti, la piccola parete (5-7 metri) non era emersa. Ancora, ritorna utile la figura della "guida" per indicare come affrontare al meglio la salita e, particolare non trascurabile, per assicurare l'escursionista ai chiodi, evitando cadute pericolose.
Un'ora e mezza è sufficiente per concludere la salita al "cannone" di Cresta Croce: da qui si ammirano il Corno Bianco e l'Adamello, verso ovest, il Carè Alto verso sud-est, il Corno di Cavento ed il Crozzon di Lares verso est. In lontananza, le Dolomiti di Brenta e, dal lato opposto, le Alpi Centrali (Val Camonica, Valtellina, Svizzera).
Attenzione: ripetiamo, quanto successo nel 2001 è molto diverso da quanto può proporsi oggi, con il ghiacciaio in ritiro e quindi meno tratti su neve e ghiaccio e più tratti su roccia e sfasciumi.

Il ritorno regala attimi di svago quando si percorrono in discesa i nevai finali e permette di ammirare con più calma ed attenzione il panorama circostante.

Nota - così recita l'iscrizione:
Lanciata l'ultima folgore sul nemico fuggente
spazzata la strada di Trento dal bivacco straniero
qui sulla vetta dove lo trainarono forza fede passione dei soldati d'Italia
rimane additamento alla patria compiuta il vasto orizzonte sul quale potrà ancora rifulgere la civiltà del genio latino



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