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La Presolana da Azzone (foto Davide Bassanesi per Cai Valle di Scalve)
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Corna di Darfo, memoriale per le vittime del Gleno (foto Davide Bassanesi per Cai Valle di Scalve)
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Diga del Gleno
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Pianezza
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Cimon della Bagozza dai Campelli
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Fioriture scalvine
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Vista su Presolana e Ferrante dai dintorni di Forni
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Azzone, la parrocchiale
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Azzone, la chiesa
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Un lavatoio ad Azzone
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Segheria Furfì, antichi mestieri ad Azzone
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Castello Federici a Gorzone

Via Decia

La “via Decia” (Decia da Dezzo, il torrente che solca la val di Scalve per confluire nell’Oglio una volta sceso in val Camonica) è stata riscoperta con un lavoro di quindici mesi che ha coinvolto ottanta tra volontari e professionisti. Via Decia - Il cammino dei boschi di ferro ricorda nel nome l’antico toponimo romano mentre il sottotitolo rimarca la più lunga tradizione economica e produttiva del territorio: quella mineraria.
Novantacinque chilometri di tracciato, divisi in cinque tappe, guidate da duecentocinquanta segnavia.

Il progetto, firmato dalla sottosezione CAI Valle di Scalve, è stato ideato nel 2022, Anno Internazionale per lo sviluppo sostenibile della montagna (iniziativa delle Nazioni Unite) e completato nel 2023, a cento anni dal Disastro del Gleno, nell’anno di Bergamo Brescia Capitali della Cultura e dei 150 anni di fondazione del CAI di Bergamo.

Tra gli sponsor figura proprio il CAI di Bergamo insieme alla Comunità Montana di Scalve e alla Fondazione della Comunità Bergamasca.

Il percorso muove dalla chiesetta del Sacro Cuore di Corna di Darfo, oggi dedicata alle vittime del disastro del Gleno, e lì si conclude al termine della quinta tappa, disegnando di fatto un anello che abbraccia per intero la valle di Scalve, toccando tutti e quattro i suoi comuni: Colere, Vilminore, Schilpario e Azzone. “Uno degli intenti degli organizzatori, infatti, è che il cammino rappresenti una leva per lo sviluppo di una valle pensata come comunità, nel suo insieme, senza per questo sacrificare le identità di ciascuno, anzi, valorizzandole”.

La partenza da Corna permette inoltre di connettere la Via Decia ad altri cammini già esistenti, in particolare Il cammino di Carlo Magno e La Via Valeriana. Inoltre, attraverso il passo della Manina, si potrà raggiungere l’Alta Via delle Grazie.

Secondo gli organizzatori, la Via Decia vuole essere uno stimolo a vivere il turismo come un’esperienza e non come consumo, “vuole rappresentare per la valle di Scalve non solo un contributo concreto ma anche un’ispirazione, verso un turismo che sappia integrare sempre più la sopravvivenza economica delle terre alte con l’attenzione alla cultura di cui sono custodi (si pensi a figure come lo scultore Giovanni Giuseppe Piccini e il Cardinale Angelo Maj, entrambi scalvini); nel rispetto dell’ambiente (chi l’ha detto che per rendere attrattiva la montagna la si debba trasformare in una città a 1000 o 2000 metri?), investendo infine sull’incontro tra le persone: quelle che accolgono e quelle che saranno ospitate”.

Natura, storia e cultura, dunque.
Le tante chiesette sul territorio, la diga del Gleno, l’orologio a sei ore di Pianezza, le secolari fontane, la memoria dell’attività mineraria, i musei ed il castello di Gorzone sono immerse in un ambiente dove – nonostante la secolare presenza umana – la natura si prende e riprende notevoli spazi. Boschi fitti, torrenti rigogliosi, cascate sorprendenti come quella del Vò, la vista sulla Presolana o sul profilo del Concarena e del Cimon della Bagozza.


Ecco la presentazione delle tappe, a cura del sito www.laviadecia.it sul quale si trova un patrimonio di fotografie ed informazioni da approfondire, oltre alle tracce gpx ed alle note sulla ricettività.


PRIMA TAPPA: DA CORNA A COLERE
Dalla chiesetta del Sacro Cuore di Corna si sale all’incantevole Lago Moro. Passando poi per la località Sorline, si raggiunge l’abitato di Angolo Terme, caratterizzato da alcune perle, come Palazzo Laini, la chiesa di S. Lorenzo, la fontana dell’olmo e, in generale, alcuni scorci tipici dei paesi di un tempo.
Si prende poi la strada statale SS 294 (Via Mala) per un breve tratto, fino all’imbocco dell’antica Via del Ferro, con la quale si raggiunge Padone e infine la località Valle Sponda, attraverso la Foresta Regionale.
Siamo ormai in Val di Scalve. Dalla chiesetta di S. Michele potrete ammirare sotto di voi la forra della Via Mala, mentre in alto dominano i bastioni del gruppo della Presolana. Si scende ora a Castello per la strada provinciale. Qui si ritorna sul sentiero che, muovendosi di poco sopra la strada per Colere e attraversando la frazione Valle Richetti, conduce infine al Pian di Vione.
Colere è ormai ai vostri piedi, mentre la Presolana rapisce completamente lo sguardo.

SECONDA TAPPA: DA COLERE A VILMINORE
Si lascia il centro di Colere e, attraverso il sentiero che parte dalla contrada Carbonera (chi ha tempo e gambe potrebbe anche raggiungere il rifugio Albani, deviando dalla via Decia e prendendosi una giornata in più!), si raggiunge il balcone naturale su cui sorge l’abitato di Magnone. Mentre ci congediamo temporaneamente dalla vista della Presolana, si apre lo scenario della Val di Scalve compreso fra il Pizzo Camino e il Pizzo Tornello.
Si accede al bosco della Val Notte per un comodo sentiero, per raggiungere il territorio del comune di Vilminore. Le frazioni di Teveno, Pezzolo e Nona – la più alta della valle – si susseguono in rapida sequenza svelando i tesori custoditi nelle piccole chiese, dove si incontrano la figura e l’opera del grande scultore Giovanni Giuseppe Piccini, nato a Nona e oggi sepolto nel cimitero del piccolo paese. Giunge ora uno dei momenti più intensi della Via Decia: la salita alla Diga del Gleno. Qui la bellezza del paesaggio fa da cornice alla memoria della più grande tragedia che queste vallate abbiano conosciuto: il disastro del 1 Dicembre 1923.
Lasciata la diga, si raggiunge la deliziosa Pianezza, col suo orologio a sei ore. Manca poco alla meta. Passando per la località Ponte del Gleno e la suggestiva strada bianca delle Roche, ecco aprirsi alla vista l’abitato di Vilminore, da sempre cuore politico e religioso della Valle di Scalve.

TERZA TAPPA: DA VILMINORE A SCHILPARIO
Da Vilminore si sale lungo l’antica strada per Pianezza, segnata dalle stazioni della Via Crucis. Poco sopra il ponte di Meto, il sentiero si biforca. La Via Decia si dirige verso Comen, per addentrarsi nell’abetaia che conduce al Roccolo dei Cricoi. Regalatevi la vista della Presolana da quassù, oltre a considerare la singolare e a suo modo sofisticata architettura di questo edificio, deputato un tempo alla cattura degli uccelli da richiamo. Addentrandosi nuovamente nel bosco, si giunge al grande prato di Trena, che si costeggia in basso, per non compromettere il taglio dell’erba. Si attraversa il torrente Tino per immettersi più avanti sul sentiero del Quader, verso questo straordinario balcone naturale che domina la valle con la sua baita. È possibile con pochi passi raggiungere la suggestiva cascata della Manna, prima di riprendere il cammino lungo boschi disseminati di aie carbonili e antiche cave di ardesia. Attraversate la Val Blancone e la Valle Desiderata, si entra nella Valle del Vò per la mulattiera che sale al Rifugio Tagliaferri. Vi attende una perla assoluta, la Cascata del Vò. Prendetevi il tempo di gustarne la voce, il respiro. Manca poco a Schilpario. I camminatori esperti potranno raggiungerla per il “Sentiero della linea”. Tutti gli altri potranno seguire la strada statale che dal ponte sul torrente Vò sale al cimitero di Schilpario, da dove riprendere il sentiero per la panchina gigante e la cornice che inquadra il Pizzo Camino.
Eccovi giunti alla meta, il paese natio del Card. Angelo Maj, celebrato da Leopardi.

QUARTA TAPPA: DA SCHILPARIO AD AZZONE
La grande abetaia di Schilpario – impropriamente conosciuta come “la pineta” – fa da contesto ai primi chilometri di questa tappa: da Schilpario alle miniere dei Fondi e al delizioso borgo che abbraccia la chiesa di Santa Barbara (possibile deviazione verso i Campelli e lo splendido panorama sul Cimon della Bagozza). Ma anche al monumento a ricordo dell’eccidio dei Fondi, pagina tristissima del Novecento scalvino. La visita alle miniere del Parco Andrea Bonicelli è qualcosa che rimane impresso nella mente e nel cuore. Rientrati verso Schilpario, si procede nel bosco oltrepassando le frazioni di Serta e Pradella – sedi di alcuni interessanti musei e collezioni private. Poi, superato il “Prato grande”, si prende in salita la strada bianca verso la Chiesetta degli alpini, con area attrezzata per un comodo picnic. Ancora una volta da quassù vi invitiamo allo sguardo e all’ascolto. Quindi non resta che prendere il sentiero che rapidamente scende per il bosco, prima di trasformarsi nella stradina che conduce all’abitato di Azzone, con la sua torre e le fontane. Meta di giornata.

QUINTA TAPPA: DA AZZONE A CORNA
Passando per il campo sportivo, si prende congedo dal centro abitato di Azzone e progressivamente dalla valle di Scalve. La tappa riporta infatti in val Camonica, dove il principio e la fine della Via Decia si congiungono alla chiesetta di Corna. Nel frattempo si attraversa la Riserva regionale del Giovetto, patrimonio naturalistico a tutela della Formica Rufa, preziosa custode dei boschi. Superato il passo del Giovetto, si raggiungono la Croce di Salven e la porta di accesso del parco dal versante camuno, con area picnic e riproduzione su ampia scala della già citata formica. Si prende per un breve tratto la strada provinciale proveniente da Borno, in direzione Paline. Da qui la deviazione per Prave. Oltre la chiesa di San Bartolomeo, comincia la discesa verso Mazzunno lungo l’antica Via dei Pellegrini, una delle traiettorie che accompagnavano i pellegrini dal Nord Europa verso Roma. Superati Mazzunno e Terzano, non rimane che percorrere per un tratto la Forra del Dezzo all’ombra del Castello Federici. Manca davvero poco alla fine. Qui vi accompagniamo in silenzio, lasciandovi ai ricordi e alle emozioni che sempre caratterizzano la fine di un viaggio.

  27/06/2023

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