sette salti d'acqua nel cuore dell'Appennino Bolognese, tra i colori dell'autunno
Non sono cime maestose, pareti vertiginose o cime slanciate a stupire, quando ci si muove nell’Appennino: tra i suoi più o meno dolci profili si nascondono, invece, infinite meraviglie naturali, talvolta quasi segrete, e svariati luoghi che custodiscono opere d’arte e tesori architettonici di antica origine.
Non è sicuramente da meno l’Appennino Emiliano dove si ambienta questa passeggiata in val Dardagna, una breve escursione, fattibile anche a dicembre (salva la presenza di neve o ghiaccio), che consente di rimanere incantati davanti alla forza della Natura e nel contempo di ammirare un piccolo gioiello architettonico arrivato, seppur con vari rimaneggiamenti, dal Cinquecento ai giorni nostri.
Non è un anello ma quasi quello che si può compiere per andare a scoprire le Cascate del Dardagna, nel cuore dell’Appennino Bolognese, partendo dal santuario della Madonna dell’Acero (ampio parcheggio ma molto frequentato) a 1195 mslm, a circa otto chilometri da Vidiciatico (frazione di Lizzano in Belvedere).
Partendo dunque dal secolare santuario, le numerose indicazioni invitano a prendere il sentiero CAI 331:
inizialmente si cammina su una larga forestale, priva di qualsiasi insidia, avvolta in un fitto bosco di faggi.
Quasi senza accorgersene si supera un bivio dove si prosegue diritto, verso le cascate, immettendosi sul
sentiero CAI 333.
Superato il rio Cavo e le sue dolci rapide, si fa il primo incontro con il Dardagna, raggiungendo la base
delle cascate più basse (in termini di quota altimetrica). Ammirato il salto d’acqua si procede verso sinistra (destra orografica) iniziando un’impegnativa risalita sempre guidati dal segnavia 333.
Il sentiero prende quota e, tra rocce e gradini, sfiora i diversi salti d’acqua, uno più bello dell’altro.
Raggiunta l’ultima cascata – la più alta, la settima - si continuano a seguire i bollini bianchi e rossi che
contrassegnano il sentiero e in pochi metri ci si trova a scegliere se raggiungere il lago Cavone o se, invece, scendere rapidamente lungo il 331 e tornare al punto di partenza su un ampio tracciato forestale immerso tra i faggi.
A fine escursione si sarà colmato un dislivello di circa trecento metri camminando per circa un’ora e
mezza più le (s’immagina numerose) pause fotografiche.
Se raggiungere la cascata più bassa, e volendo anche quella più alta, prendendo però il 331, è tecnicamente facile e fattibile anche con i bambini, camminare lungo il 333 dopo la prima cascata risulta invece particolarmente tecnico ed impegnativo, soprattutto se il fondo è reso viscido da piogge recenti o
da situazioni di forte umidità.
Lo spettacolo delle cascate è davvero emozionante, in particolare nelle stagioni intermedie quando la
portata dell’acqua è massima ed i colori sono più accesi e brillanti.
Con un po’ di fortuna si possono individuare esemplari di rana temporaria o salamandra pezzata, anfibi
indicatori di qualità delle acque data la loro “selettività” di acque limpide e pulite. Più facile, al contrario, perdersi ad ammirare la ricchezza del bosco (anche in inverno impressionano gli altissimi tronchi dei faggi).
Da vedere anche il Santuario della Madonna dell’Acero, così chiamato perché qui, secondo la leggenda,
la Madonna apparve a due pastorelli che si erano riparati sotto un grande acero (si dice fosse l’anno
1505). La pianta che diede origine alla leggenda è purtroppo ora solo uno “scheletro” perché a metà del
Novecento fu attaccata da un fungo parassita (coriolus unicolor) ed ebbe la peggio, divorata dall’interno
dopo secoli di vita.
L’escursione può essere intrapresa praticamente tutto l’anno, tuttavia, il ghiaccio può essere un’insidia nei mesi invernali (in particolare lungo l’erto sentiero 333) mentre l’affollamento può guastare l’atmosfera nei weekend da maggio a settembre e durante il clou della stagione estiva. I colori autunnali sono una
fantastica cornice per le cascate del Dardagna che però, man mano che le giornate si accorciano,
risultano in ombra per diverse ore ogni giorno.
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